mercoledì 6 maggio 2009

Medici inutili, medicine insane – “Dall’oltretomba”

Avevo letto su un settimanale ad alta diffusione di una coppia di medium che aveva comunicazioni con l'aldilà, anzi, veri e propri colloqui con personaggi morti da tempo. Niente di nuovo, direte voi, nel campo della parapsicologia. Senonché l'intera pagina del settimanale, corredata da fotografie e disegni, riusciva, per l'abilita del cronista, ad essere molto convincente .

La prova assoluta della veridicità di questi fenomeni era data dal fatto che i verbali delle sedute venivano rigorosamente registrati quale prova documentaria. Si parlava di messaggi, disegni ed oggetti che venivano materializzati in occasioni particolari. La lettura dell'articolo mi incuriosì soprattutto per il fatto che questi personaggi, come diceva lo scritto, vivevano ed operavano nella mia città.

II caso volle che, parlando di queste "curiosità" con un amico, egli mi disse di conoscere bene questi veggenti e di aver partecipato più volte alle loro sedute. Mi assicurò che avrebbe perorato una mia partecipazione, avvisandomi nel contempo di portar pazienza perché gli invitati venivano scelti con criteri selettivi severi ed ogni riunione, mensile, comportava pochi partecipanti.

Dopo molto, ormai dimenticato, venne il tempo della fatidica riunione.

Un appartamento modesto ma accogliente, lui e lei giovani, cordiali, il figlioletto di cinque, sei anni che si districa e gioca con naturalezza tra le gambe degli ospiti (una decina), evidentemente aduso a questi ricevimenti di papa e mamma. Solo io mi sento un pò imbarazzato. 

Ci si siede ordinatamente ed in silenzio nella saletta. Di fronte una serie di apparecchi elettronici. Davanti ad essi due ampie poltrone di cui gli spettatori vedono solo gli schienali dietro i quali spariscono i due veggenti. Al buio il silenzio è ancora più profondo. Dopo un lungo periodo di attesa preparatoria, ricca di suspance, i due cominciano ad ansimare, sempre più forte, in modo spasmodico. Se fossimo stati in un cinema di periferia avrei pensato a quella cosa lì.

Poi una voce strana, evidentemente, grossolanamente artefatta sale dall'oltre... poltrona e si diffonde nella sala attonita. Io sono il più sorpreso di tutti. Ma è possibile??? MI do un pizzicotto, poi un altro più forte. Ne eredito una zoppia che mi durerà alcuni giorni.

Trattengo il riso e lo soffoco in gola con una risposta fisica quasi dolorosa. Ma comincio a divertirmi.

Ora non mi preoccupo più della "voce" ma nell'oscurità, non assoluta perché i leed del registratore diffondono attorno una luce spettrale, scruto i miei compagni d'avventura. Li vedo appena, ma intuisco, dal loro respiro irregolare, che la tensione emotiva è al suo acme. In alcuni cambia ritmo e tono: trattenuto, rumoroso, soffocato. A volte diventa un vocalizzo dove le aaaaa e le ooooo si modulano le une con le altre, a più voci, quasi un accenno al Canto Gregoriano.

I più sono suoni di tonalità alta, sicuramente femminili. Gli uomini mi sembrano meno coinvolti, almeno a giudicare dalle loro reazioni esteriori. Chissà dentro, pero.

Ora torno ad interessarmi delle "voci". Si, mi dico, proprio buffe, io saprei far di meglio. Parlano di cerchi celesti, stadi del cielo; ho la vaga impressione che la Divina Commedia c'entri per qualcosa, anche se i concetti espressi mi sem­brano molto più profondi perché incomprensibili. Siamo nel campo della letteratura esoterica con quelle strane parole e simboli che solo gli adepti sono in grado di capire.

Io, modestamente, una certa infarinatura in materia ce l'ho.

Davanti al mio portone di casa c'è una bancarella con tanti libri del genere e quando aspetto mia moglie, dopo il suo "scendi che vengo subito", ho modo e tempo, tanto tempo, per leggicchiare qua e la sui misteri dell'ignoto.

Dopo questa entrata nel mondo dell'aldilà, i medium chiedono ai presenti se c'è qualcuno che vuol esporre qualche problema di salute. Una donna chiede di domandare a qual­che spirito pratico nell'arte medica i motivi delle febbri che tormentano periodicamente suo marito senza una causa che i medici abbiano potuto accertare. Viene convocato, seduta stante (come calza bene questa espressione!) un certo medico, Cesio da Creta, del II sec. a.C.

Non l'avevo mai sentito nominare, ma evidentemente i grandi nomi del passato come Ippocrate e Galeno erano stati evocati da qualche altra parte per consulti urgenti.

Parla, costui, con voce profondamente alterata, di influssi maligni cosmici ed umani (malocchio?) che hanno avviluppato l'ammalato, creando una dissonanza nel suo equilibrio magnetico e riducendo la sua "aura naturale" al lumicino. II discorsetto è incomprensibile, con una logica letteraria zoppicante ed una componente grammaticale da matita rossa.

Ed ecco la terapia.

Portare addosso, cucito nella maglia, un asmeritos, che sarà materializzato nelle mani del medium, anzi della me­dium, più adatta a questo incantesimo.

La luce si riaccende, tenue, nella sala, e la medium porge alla donna in trepida attesa un sassolino vetroso di color verde, di quelli che i bambini (il figlioletto che gioca in cucina?) raccolgono sulla spiaggia, culi di bottiglia levigati nel tempo dalle onde del mare.

II sasso, cioè il talismano, viene riposto religiosamente nella borsa per essere portato all'ammalato in attesa. Così il primo caso è risolto.

Vien posto un altro problema clinico: un eczema ribelle alle cure dei medici, comuni mortali.

Questa volta il paziente è presente ed è quindi il più ragionevolmente eccitato nell'attendere il parere del medico. Che è sempre lo stesso, quello di Creta. Non parla più di influssi cosmici e magnetici, evidentemente ha esaurito la vena. Arriva subito al dunque e si rivolge direttamente al malato senza intermediari.

"Stai bene attento e scrivi (concitata ricerca di un foglio e una biro) il magico unguento che porta il mio nome. Cera, Eucaliptus olio, Stirace, Iodio e Olio di lanterna, per due giorni al sole e lascilo due notti al chiaro di luna, poi nella pelle faccelo penetrare bene bene dicendo il mio nome all'incontrario: Oisec, Oisec, Oisec".

Vi confesso la mia vergogna. Mandai a memoria la for­mula preziosa con l'intento di sperimentarla a tempo debito pur conscio e dispiaciuto che trovare lo Stirace, una vecchia resina introvabile, sarebbe stato un problema. Mi detti un al­tro pizzicotto e tornai in me.

La parte, diciamo così, medica finì e si entrò nel campo delle profezie. Tutte irrimediabilmente nefaste sul futuro del mondo, specie dal punto di vista ecologico. Cosa ovvia del resto, pensando che quelle anime parlanti non avevano conosciuto lo smog, i pesticidi, il buco dell'ozono.

Anastasio da Bergamo, con voce sgangherata alla Bossi: "Siete arrivati in fondo al burrone, se voi voleste tornare indietro non potete più".

Fra Castoro da Velletri, I sec. d.C., con voce alla Peppino De Filippo: "Alla natura ci avete rubato tutte le cose sane e belle che teneva".

Genesio da Atene,V sec. a.C., con voce stridula e petulante: "Ben vi sta, vi avete impiccato con le vostre mani stesse".

Catone (non so se il Censore o suo cugino): "Apostema a voi!"

Oribasio vissuto, a suo dire, ai tempi di Cristo: "Lui ce l’aveva detto che finivate a schifio!".

Parlavano con tanta acredine e ingiustificato accanimento che ne fui un po' irritato. Avrei voluto rispondere che anche ai loro tempi beati con le pestilenze e le carestie non dovevano essere stati tanto allegri. Ma tacqui, per non farli arrabbiare.

Da buon scettico, illuminista agnostico mi dissi: non si sa mai!

Nell'intervallo (come ovvio in ogni spettacolo che si rispetti) mi appartai con l'amico e gli chiesi, per metterlo in imbarazzo, come mai quegli spiriti parlassero cosi bene (!) la nostra lingua.

L'imbarazzato fui io quando lui, senza scomporsi, mi disse una cosa ovvia, che sapevano tutti: gli spiriti parlavano tut­te le lingue affinché tutti potessero comprenderli.

Chiaro, no?

Sì, la cosa mi parve anche possibile considerando anche tutto il tempo che avevano avuto a disposizione per impararle!

L'intervallo si protrasse a lungo e, stanco dopo una giornata di lavoro, un po' annoiato ormai, pago delle mie curiosità, mi congedai per tempo. Probabilmente i padroni di casa furono presi in contropiede e non ebbero occasione e modo di appiopparmi qualcuno dei loro libri che, già all'entrata, avevo notato in bella vista per essere venduti.

Mi dichiarai entusiasta e nello stesso tempo sconvolto di ciò che avevo visto e sentito per ripagarli almeno moralmente del mancato guadagno e della loro ospitalità.

Interpretarono benevolmente la mia fuga come una crisi di panico. Si resero conto che era stata per me una prima volta...

Gia voltavo le spalle alla porta socchiusa per scendere le scale quando una voce da dentro: "Io ce l'avevo detto di dircelo al suo amico che era una cosa seria, ma ci dica che vadi pure tranquillo che non ci succede niente".

Le parole mi trafissero le scapole e mi fecero inarcare le spalle.

Accidenti, mi dissi, ma che sgrammaticati questi spiriti!

 

 

Tratto da “Medici inutili, medicine insane”

di Clodomiro Mancini

Collana: Curiosità del giardino di Epicuro

Editore: Felice Scipioni

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