lunedì 27 aprile 2009

Chiesa e schiavismo in Europa – Curiosità del giardino di Epicuro

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I TIRANNI HANNO BISOGNO DI UN DIO

Nei suoi viaggi africani Giovanni Paolo II ha più volte chiesto perdono ai popoli di questo continente per lo schiavismo cui furono sottoposti dai mercanti di carne umana i quali erano per la maggior parte di religione cristiana. Anche nelle sue encicliche ha reiteratamente condannato la schiavitù:

"La schiavitù offende la dignità umana".

"E' bene aggiungere che l'aspirazione alla liberazione da ogni forma di schiavitù, relativa all'uomo... è qualcosa di nobile e valido".

Ma, ovviamente, si è sempre ben guardato dall'accennare alle complicità e connivenze clericali nella tratta degli schiavi, mentre la stampa cattolica è stata mobilitata, in questi ultimi anni, per gettar polvere negli occhi dei suoi lettori trattando più volte l’argomento in maniera mistificante. Ne sono evidenti esempi l'articolo "Liverpool: l'orgoglio e la vergogna" che disserta ampiamente sulle responsabilità degli inglesi nel traffico di carne umana e la rubrica teologica intitolata "E' colpa della Chiesa se esiste la schiavitù?" in cui si tendono ad occultare le plurisecolari responsabilità della chiesa in questa barbarie accampando, nel contempo, meriti discutibili.

Altri papi del nostro secolo si sono occupati di schiavismo Paolo VI invito a battersi contro "la servitù degli oppressi" rivendicando per ogni uomo "una vita pienamente umana affrancata dalle servitù che gli vengono dagli uomini”. Pio XII definì azione criminale il rendere schiavi i propri simili mentre san Pio X, nella sua enciclica "Profondamente commosso", denunciava nel 1912 orrori schiavistici "gli esempi più estremi della turpitudine pagana”.

Tutte belle parole di cui i preti sono maestri ma che però ben poco valore in quanto pronunciate dopo la sparizione della schiavitù in quasi tutto il mondo. Invece quando la tratta era al suo culmine, con milioni di persone deportate ogni anno, la chiesa taceva o al massimo si pronunciava in maniera ambigua rendendosi complice di questa barbarie. Perfino la decisione più semplice ma più significativa non fu mai sancita formalmente in un concilio ecumenico né nel codice di diritto canonico: il divieto ai preti e a tutti i religiosi di possedere schiavi.

La Chiesa iniziò a battersi seriamente contro lo schiavismo solo alla fine del secolo scorso quando il cardinale Lavigerie promosse la fondazione di apposite società anti-schiaviste: ma gli schiavi c'erano anche nei due millenni precedenti di storia del cristianesimo, come spiegare questo ritardo? La verità è che i principi sociali del cristianesimo hanno giustificato per secoli lo schiavismo e i suoi inviti alla rassegnazione hanno aiutato gli schiavisti a sfruttare meglio le loro vittime. La divulgazione concertata del mito del Padre supremo e onnipotente finisce inevitabilmente per giustificare o almeno favorire lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo: l'idea di Dio fu utile ai tiranni di ogni epoca, in quanto prospettava una visione monarchica e schiavistica del mondo. Anche la teologia scolastica e l'Inquisizione contribuirono a radicare nelle coscienze la schiavitù come dato ineluttabile; ed il suo aspetto più negativo era - per la Chiesa - la persistenza nella religione nativa degli schiavi non cristiani e l'eventuale abiura da parte di schiavi cristiani sottoposti a padroni infedeli.

Il cristianesimo non pensò mai di abolire la schiavitù ne alcun concilio approvò decreti abolizionisti, anzi, i padri conciliari regolamentarono il commercio di carne umana in più di una occasione. Gli imperatori cristiani Costantino e Carlo Magno, onorati da due statue nell'atrio della basilica di San Pietro, tollerarono e favorirono lo schiavismo. Non fu la chiesa cattolica quella che fece sparire la schiavitù in Europa e poi nel resto del mondo ma il lento progresso economico, sociale e civile delle diverse popolazioni.

A testimonianza del plurisecolare persistere in Italia dello schiavismo restano i cognomi di migliaia di persone: basti pensare che solo nell'elenco telefonico di Milano città, edizione '95-'96 vi sono ben 391 Schiavi/o e Schiavone.

Almeno 15 nomi di paesi e località varie provano anch'essi la presenza del fenomeno schiavistico in tutta Italia:

Nord:

Schiavi (Vicenza)

Schiavoi (Pordenone)

Schiavon (Vicenza)

Schiavonia (Padova)

Centro:

Schiavi (Pescara)

Schiavonia (Forlì)

Torre degli Schiavi (Roma)

Sud:

Schiava (Napoli)

Torre degli schiavi (Caserta)

Schiavi(dopo il 1860 ha preso il nome di Liberi, Caserta)

Castello degli Schiavi (presso Caiazzo, Caserta)

Villa degli schiavi (Caserta)

Schiavo (Reggio Calabria)

Ponte Schiavo (Messina)

Masseria Schiavone (Foggia)

Masseria Schiavoni (Taranto)

La schiavitù è un fenomeno che ha origini antichissime di fronte al quale il cattolicesimo ha rinunciato fin dall'inizio ad ogni contestazione limitandosi a paterni inviti umanitari ed anzi, cercando di avvalersene per la conversione dei popoli pagani. Infatti non a caso il termine schiavo deriva dall'antico germanico "slav", vocabolo applicato dai tedeschi alle genti pagane abitanti ai loro confini orientali (gli slavi): latinizzazione in "slavus", da cui l'odierno "schiavo". Essendo stati, per secoli, gli Slavi, i pagani più prossimi ai cristiani europei, la chiesa ne ha lungamente autorizzato l'asservimento tanto che il nome di questo popolo ha finito per indicare quella per­sona assoggettata pienamente alla volontà di altri uomini quasi come una cosa che gli antichi romani definivano con il termine "servus"?.

Tratto da “Chiesa e schiavismo in Europa”

di Pierino Marazzani

Collana: Curiosità del giardino di Epicuro

Editore: Felice Scipioni

2 commenti:

Lara ha detto...

Molto interessante questo post, tratto da un libro sicuramente da leggere.
La chiesa ormai a molti appare sempre più come un gigantesco bluff dalle miniere d'oro ...

Ciao Frankie, grazie,
Lara

Frankie Palla ha detto...

Ciao Lara,
i libricini che riporto fanno parte della Collanna:Curiosità del giardino di Epicuro. Il più costoso raggiunge i 4 €, ma se ne trovano anche a meno. Il merito di queste pubblicazione è da attribuire al suo geniale Editore: Felice Scipioni

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