venerdì 24 aprile 2009

Che Guevara (V) – La lotta guerrigliera

clip_image002II mini esercito di Castro, composto degli scampati alla strage di Alegria de Pio, si attestò sulla Sierra Maestra: l'impervio sistema montuoso, parallelo alla costa sud-orientale, che si estende per circa 250 Km raggiungendo l'altezza massima di 1994 m.

Da qui, Fidel e i suoi programmarono, organizzarono e scatenarono il contrattacco della guerra di Liberazione, alla fine vittorioso.

 

 

II primo problema politico che si posero i Barbudos (così vennero chiamati i guerriglieri, che per nascondere i connotati più che per penuria degli utensili necessari, si lasciarono crescere al naturale barbe e capelli) fu quello di conquistarsi la simpatia e l'appoggio delle masse contadine, essenziale al successo dell'impresa. Per questo, fin dall'inizio della Guerra di Liberazione i combattenti, ancorché privi di tutto, non procedettero a requisizioni, pagavano ai contadini tutto ciò di cui avevano bisogno e quando non avevano soldi preferirono soffrire la fame piuttosto che razziare una sola gallina. Questa era la rigida disciplina imposta da Fidel, dal Che e da Cienfuegos, il terzo comandante più autorevole dell'Ejercito Rebelde; chi avesse infranta quella regola sarebbe stato severamente punito. Comportamento teorizzato dal Che nel noto trattato "Principi generali della lotta guerrigliera", divenuto il manuale corrente di tutti i movimenti armati contro le dittature dell'America Latina.

Ben altro atteggiamento aveva l'esercito regolare di Fulgencio Batista: razziava, sequestrava, devastava e incendiava la case dei contadini, stuprava le donne, torturava gli uomini, uccideva bambini e vecchi dei villaggi che riteneva ospitali a favore dei guerriglieri di Castro. Arrivava sino a bombardare i centri abitati, le fattorie e i campi distruggendo i raccolti. Risultato: esercito e governo sempre più odiati e isolati, i ribelli sostenuti con maggiore convinzione, visti e attesi come liberatori e giustizieri.

Dell'aiuto fondamentale della gente delle campagne -senza il quale la Rivoluzione non avrebbe avuto successo -parlò il Che - con accenti commoventi - dopo la fine della guerra: "Il contadino - disse - era il collaboratore invisibile che faceva tutto quello che il ribelle non poteva fare: ci forniva le notizie, sorvegliava la mosse del nemico, scopriva i suoi punti deboli, trasmetteva con rapidità i messaggi urgenti, spiava fra le stesse file dell'esercito batistiano".

II legame tra l'Esercito Ribelle e i contadini trovò una teorizzazione politica ben precisa negli scritti del Che. Il guerrigliero - sosteneva Guevara - non è solo un combattente contro la dittatura, un patriota che lotta per l’indipendenza nazionale, ma anche e soprattutto "un riformatore sociale che impugna le armi rispondendo alla adirata protesta del popolo contro i suoi oppressori e lotta per cambiare il regime sociale...”.

Alla teoria seguiva la pratica quando addirittura non la precedeva. I rivoluzionari cubani non aspettarono la fine della guerra, la caduta e la fuga del tiranno per soddisfare la più radicata delle aspirazioni delle masse contadine: la Riforma Agraria, la proprietà della terra. Fu così che sulla Sierra Maestra venne emanata (redatta, voluta e, si può dire, imposta da Ernesto Guevara), la legge n.3 che sanzionava una prima applicazione di Riforma Agraria.

II provvedimento adottato nella Sierra Maestra dal Che, permise la distribuzione delle terre dello Stato, di quelle espropriate ai collaboratori della dittatura e di quelle dei padroni che se ne erano impossessati con la frode e la violenza, man mano che l'Esercito Ribelle avanzava e occupava permanentemente nuovi territori. A ogni famiglia vennero assegnati gratuitamente 25 ettari. Di conseguenza la Rivoluzione ebbe un sostegno di massa e l'Esercito un afflusso di nuovi combattenti e collaboratori volontari. Il popolo contadino si mosse compatto per il proprio riscatto e per la liberazione di Cuba.

Se il contadino era il collaboratore invisibile della Rivoluzione, a sua volta, Il guerrigliero - ebbe a sostenere il Che - era prima di tutto un rivoluzionario rurale ...e continuava: “.... l'interprete della gran massa contadina che vuol essere padrona della terra, dei suoi mezzi di produzione, del suo bestiame, di tutto ciò per cui ha lottato per anni, di ciò che costituisce la sua vita e che sarà anche la sua tomba”.

E con la terra si requisiva il bestiame e le attrezzature dei padroni per essere distribuiti ai contadini.

Contestualmente, nei territori liberati la Rivoluzione apriva scuole, infermerie, campi di addestramento; distribuiva viveri, medicinali, indumenti requisiti nei magazzini dello Stato o che affluivano da tutte le regioni del paese in aiuto all'Esercito dei rivoltosi che acquistava ogni giorno nuova consistenza.

L'attenzione con la quale il Che affrontava i problemi delle popolazioni rurali, non sminuiva in lui l'attenzione e il riconoscimento della funzione primaria della classe operaia e degli intellettuali democratici nella Rivoluzione, i quali conducevano con uguale coraggio la lotta nelle città e fornivano all'Esercito sulle montagne un gran numero di coraggiosi combattenti e quadri esperti.

Quando gli organi furono consolidati in poche decine di combattenti, ancorché dotati di poche armi, l’Ejercito Rebelde, non esitò a scatenare l'offensiva ricorrendo ad una tattica estremamente mobile, basata sulla sorpresa: attacchi e ritirate fulminee secondo i canoni teorizzati dal Che nei saggio "La Guerra Guerrigliera".

II primo attacco vittorioso fu portato ad una caserma posta all’imbocco del Rio della Plata, nella Sierra Maestra, il 17 gennaio del 1957, appena un mese dopo la disfatta di Alegria de Pio. L'attacco venne condotto da cinque piccole squadre al comando rispettivamente di Fidel, Raul, Cienfuegos, Almeida e del Che, in tutto una ventina di combattenti decisi a tutto.

II nemico contò due morti, cinque feriti e tre prigionieri. Alcuni erano riusciti a sottrarsi alla cattura con la fuga trascinando con loro un povero contadino che assassinarono lungo la fuga. Nemmeno un graffio per gli attaccanti. Poi, dopo aver incendiato le costruzioni e lasciato liberi i civili addetti ai servizi della caserma, tornarono a rifugiarsi rapidamente nelle zone più impervie della Sierra.

II trattamento dei feriti e dei prigionieri - imposto da Fidel e dal Che - era ben diverso da quello in uso tra le truppe di Batista, che avevano l’ordine di "non fare prigionieri". Non solo i soldati dell'Esercito governativo assassinavano i guerriglieri che catturavano, anche se feriti, ma abbandonavano i loro quando non li ammazzavano senza pietà se erano a conoscenza di informazioni utili per i guerriglieri.

Nell'ottobre del 1957, il Che costituì nella Valle dell'Hombrito, sulla Sierra Maestra, la prima Zona Libera di Cuba, autonomamente governata, dove i guerriglieri organizzarono ogni aspetto della vita civile; stamparono anche un giornale, "El Cubano Libre". Nel febbraio del '58, dalla zona libera, iniziarono le trasmissioni regolari di Radio Rebelde, ascoltata in tutta l’isola e negli Stati Uniti dagli emigrati cubani che sostenevano concretamente - con la raccolta di fondi e l'invio di aiuti - il "Movimento 26 luglio".

 

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Tratto da “Che Guevara”

di Angelo La Bella

Collana: Curiosità del giardino di Epicuro

Editore: Felice Scipioni

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