venerdì 24 aprile 2009

Che Guevara (IV) – La Sommossa di Santiago del Cile

II nucleo fondamentale del futuro esercito guerrigliero venne addestrato in una fattoria chiamata Rancho Santa Rosa, posto alla periferia di Città del Messico, acquistata dal "Movimento 26 luglio". Istruttore di quel piccolo esercito di valorosi volontari fu il Generale Alberto Bayo, un veterano della guerra civile spagnola. In quel corso teorico-pratico, Guevara si dimostrò l'allievo migliore, tanto da essere promosso al grado di vice comandante della spedizione (oltre che Ufficiale Medico come lo aveva arruolato Fidel) non avendo al disopra di lui che l'indiscusso comandante Fidel.

Completato l'addestramento, venne fissata la data della partenza che doveva avvenire il 25 marzo del '56. Ma proprio in quei giorni, due squadre della polizia messicana che davano la caccia ai congiurati riuscirono ad arrestare Fidel e -nei giorni seguenti tutti i cubani, nonché Guevara. I più rimasero in carcere, compreso il Che, cinquantasette giorni, con la minaccia di esser estradati e consegnati a Batista.

Fidel si adoperò con ogni energia e con tutti i mezzi, compreso il poco denaro di cui disponeva, per evitare la consegna dei. congiurati a Batista e la liberazione di tutti i suoi amici cubani e di Guevara che, essendo argentino, correva il pericolo di finire nelle mani della polizia di Aramboru, che da poco i aveva sostituito il dittatore Peron, (in Argentina l'apparato poliziesco - venduto alla CIA nordamericana - era rimasto lo stesso, reazionario e repressivo).

Contando su autorevoli amici messicani, tra i quali l'ex presidente Lazaro Cardenas, Fidel riuscì nel suo intento. Tutti gli arrestati furono liberati ed egli poté riprendere le file dell'organizzazione dell'audace impresa.

Venne acquistato uno yacht, il famoso "Granma". Quel piccolo battello, alle due di notte del 25 novembre 1956, salpò dal porto di Tuxpen verso la grande avventura: il rovesciamento della dittatura di Fulgencio Batista e la conquista dell'isola di Cuba.

L'eccesso di carico, la burrasca, l'inesperienza dei navigatori, porto fuori rotta l'imbarcazione; l'arrivo a destinazione avvenne dopo sette giorni, lontano dal punto previsto per lo sbarco. La conseguenza più grave di quel ritardo fu la mancata sincronia dello sbarco con la combinata insurrezione di Santiago, fissata per il 30 novembre, che aveva lo scopo di sviare l'attenzione dell'esercito e della polizia di Batista impegnandoli in quella città, per consentire agli sbarcati di inoltrarsi nel territorio e guadagnare la Sierra Maestra. La sommossa di Santiago fallì. Gli ottantadue guerriglieri, gia spossati dalla disastrosa traversata del Golfo del Messico e del Mar delle Antille, ebbero addosso l'aviazione e l'esercito del dittatore. Gli insorti, accerchiati nella località detta (ironia della sorte!) Alegria Pio, si difesero strenuamente. Quasi tutti vennero uccisi, molti dopo essere stati torturati selvaggiamente, in esecuzione dell'ordine del dittatore di Non fare prigionieri!”

Quello scontro tremendo che nei propositi dell'esercito del dittatore avrebbe dovuto segnare il fallimento dell'impresa rivoluzionaria di Fidel Castro, venne più tardi - nel 1963 - rievocato così da Ernesto Che Guevara:

"Con il compagno Montane Oropesa, stavamo consumando la magra razione, quando uno sparo risuonò; dopo pochi istanti un uragano di pallottole si abbatté sul gruppo di ottantadue uomini. In mezzo alla sparatoria, Almeida (Juan Almeida Bosque, un muratore, uno dei protagonisti principali della Rivoluzione Cubana) a quel tempo capitano, corse al mio fianco per chiedermi che ordini avessi, ma in quel momento io non sapevo che dirgli. La sorpresa era troppo grande e troppo fitta la pioggia di pallottole. Almeida tornò di corsa a occuparsi del proprio gruppo; in quel momento un compagno lasciò quasi ai miei piedi una cassetta di munizioni, io gliela indicai per fargliela riprendere ma lui mi rispose, con una espressione che ricordo, ora perfettamente per la paura che rifletteva, qualcosa come: - Non è il momento di occuparsi delle munizioni. - E si gettò verso il canneto. Fu quella la prima volta che mi trovai di fronte al dilemma tra la mia dedizione alla medicina e il mio dovere di soldato rivoluzionario. Mi ritrovai davanti un tascapane pieno di medicamenti e una cassetta di munizioni. Le due cose erano troppo pesanti per essere portate insieme; presi la cassetta e lasciai il tascapane per il tratto scoperto che mi separava dal canneto…”

In quel primo sanguinoso scontro il Che fu ferito. Nel suo racconto cosi descrisse l'evento :

"... Accanto a me un compagno di nome Arbentosa correva verso il canneto. Una sola raffica tra le tante ci investì entrambi. Sentii un forte colpo al petto e una ferita al collo. Mi credetti morto. Arbentosa, con un fiotto di sangue che gli usciva dalle narici, dalla bocca e dall'enorme ferita di un proiettile da quarantacinque, gridò qualcosa come: - mi hanno ucciso - e cominciò a sparare come un pazzo, anche se in quel momento non poteva veder nessuno. Dissi a Faustino: Mi hanno beccato, Faustino mi gettò un'occhiata pur continuando a sparare e mi disse che non era nulla; ma nei suoi occhi potevo leggere la condanna che la mia ferita significava…Da dietro la palizzata qualcuno gridava che sarebbe stato meglio arrendersi, ma si sentì un'altra voce, che poi seppi essere quella di Camilo Cienfuegos che grida­va: Qui non si arrende nessuno....e giù una parolaccia.... per un momento restai solo, disteso per terra, in attesa della morte. Almeida mi raggiunse e m’incoraggiò a proseguire; nonostante il dolore mi mossi con lui e entrammo nel canne­to.... poi tutto si confuse, in mezzo agli aerei che volavano a bassissima quota sparando qualche raffica di mitragliatrice... "

Solo una sparuta pattuglia di rivoltosi sopravvisse a quel­la tremenda imboscata sfuggendo all'accerchiamento. Decisero di costituirsi in "Ejercito Rebelde" fiduciosi che il popolo cubano avrebbe risposto al loro appello e la Rivoluzione sarebbe trionfata!

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Tratto da “Che Guevara”

di Angelo La Bella

Collana: Curiosità del giardino di Epicuro

Editore: Felice Scipioni

2 commenti:

pinogeo84 ha detto...

Ricordiamo il giro vizioso delle rivoluzioni che si appoggiarono alla filosofia comunista; giro vizioso sì, perché quando la gente poi volle tornare a far parte delle nazioni democratiche dovette rifare un’altra rivoluzione. Spero e faccio voti affinché Fidel ed i suoi successori, che hanno raggiunto il primo stadio della liberazione del loro popolo, non s’adagino sui successi ottenuti ma diano invece l’importanza che merita alle aspirazioni dell’animo umano, dove i traguardi validi per una vita significativa consistono: “Nel vivere e lavorare in un ambiente dove vige la libertà del pensiero, dove si aprono le opportunità per chi ne dimostra le capacità e dove esiste la protezione e l’assistenza per chi non è in grado di eccellere ma che lavora e rispetta la società”. Alla fine potete constatare che tutti questi giri viziosi sono la dimostrazione che la filosofia del comunismo, che nelle sue manifestazioni avrebbe dovuto raggiungere il traguardo di una giustizia sociale, minimizza invece, copre e discredita proprio quella parte della filosofia che valorizza l’individuo nelle sue capacità creative, violenta la privacy e la vera democrazia dove i leaders si alternano via elezioni libere.
Ritorniamo a Fidel Castro. Come sempre, i media occidentali non di sinistra hanno bersagliato il publico con torrenti di articoli che con larghe descrizioni illuminano la gente sulle rappresaglie e le operessioni perpretate dal governo di Fidel Castro contro le correnti opposizioniste ed i deviazionisti. Per far tornare i conti, penso che sara’ quindi onesto illuminarsianche sulle rappresaglie, le opressioni ed i tentati assassinii focalizzati sull’eliminazione di Fidel Castro, fatte da nazioni che si definiscono democratiche.
Malgrado le opressioni, questo bilancio fu e rimane positivo per Fidel, almeno per la grande maggioranza della popolazione cubana.
Sara’ bene ricordare che la politica e la filosofia di Fidel Castro era maggiormente imperniata sulla vita sociale di Cuba.
Per Fidel non c’era ne Comunismo ne Marxismo a Cuba, c’era solo il bisogno di giustizia. Se questa giustizia, poi, richiedeva l’appoggio di filosofie e di una politica marxista-leninista, bene, “ne faremo uso”, (disse Fidel), pur di raggiunere il traguardo di una economia che si preoccupi dei cubani.

Frankie Palla ha detto...

Più che un commento, si tratta di ottime riflessioni. In linea di massima concordo un pò su tutto. Carino il giro vizioso delle rivoluzioni, nonchè veritiero.
Grazie Pinogeo, ciao.

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