lunedì 20 aprile 2009

Ecclesia Magna – Curiosità del giardino di Epicuro

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Questo libro vuole umoristicamente coinvolgere il lettore in una digressione riguardante duemila anni di esuberanze clericali in materia di cibi e bevande. In effetti digiuni e astinenze non erano propri della classe sacerdotale, ma riguardavano soprattutto i fedeli. Nel film “Il nome della rosa” un frate eretico sottoposto a processo dall’Inquisizione afferma: “Nei 12 anni che ho passato in questo convento non ho fatto altro che rimpinzarmi la pancia”.

Già dagli albori dell’umanità, il cibo e la vita si sono compenetrati e confusi insieme. A tavola l’uomo onora la propria rigenerazione quotidiana ovviando al problema della sopravvivenza. Il rito del mangiare ha un carattere simbolico, è una metafora dell’esistenza, è il bisogno di sopravvivere in collettività.La pluralità della tavola è evidente già dalla parola convivio derivata da cum vivere, vivere insieme.

Con il passare dei secoli la tavola imbandita ha assunto determinati significati simbolici a seconda delle civiltà che vi ruotavano intorno. Tutto un insieme di simboli, messaggi, idee si è concentrato nel luogo e nel momento del convivio.

Nella cultura cristiana il concetto del cibo è fondamentale, basti pensare all’ultima cena. Infatti è proprio la società monastica cattolica, nell’alto medioevo, a propone un modello di comportamento a tavola. I monaci già costretti alla disciplina della regola, cercano di educare la brama di cibo dei fedeli. Insegnano che il peccato di gola ha portato l’uomo alla rovina, non avendo saputo resistere alla tentazione di mangiare il frutto proibito nel paradiso terrestre.

Questa impronta alla moderazione è dovuta al fatto che il peccato della gola è quello più difficile da combattere, perché direttamente correlato alla sopravvivenza. È molto difficile limitarsi all’indispensabile nel mangiare; cedere ad un consumo eccessivo di cibo è molto più semplice.Pur essendo stato il primo a dettare una regola in fatto di cibo, il clero cattolico è forse stato anche il primo a cedere all’eccessivo consumo.

Gli eccessi alimentari dei religiosi sono stati in ogni epoca oggetto d’ilarità e d’insinuazioni, come ricorda il detto popolare che allude ai frati dell’ordine dei Celestini e al cordone dei Francescani:

bere alla celestina
è bere largamente,
ma bere in cordoncina
è vuotare la cantina.

Entrando in libreria ci si accorge che suore e frati si trovano sulle copertine di molti libri di ricette … forse è il tentativo di costruire un nuovo tipo di cristiano in cucina? Oppure l'arte culinaria sta diventando l'ottavo sacramento dei cattolici? In realtà forse lo è sempre stato, fin dai tempi biblici. Noè era notoriamente un piantatore di vigneti e pare gli si debba attribuire la scoperta del vino. Nei Numeri si legge che molte persone morirono a causa dell’ingordigia, per aver mangiato troppe quaglie, mandate dal Cielo agli ebrei che si trovavano in viaggio nel deserto del Sinai.

Il Salmo 104 fa riferimento al vino che allieta il cuore dell’uomo, mentre il Salmo 80 paragona Israele alla vite.

Sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento ritroviamo molti riferimenti al cibo: ad esempio il re Salomone fece macellare 30 buoi e 100 montoni per un banchetto, e, come tutti sanno, il primo miracolo di Cristo è stato quello di trasformare l’acqua in vino. Per citare alcuni esempi possiamo leggere nel Vangelo secondo Matteo: un giorno si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni Battista e gli domandarono: “perché noi e i Farisei facciamo digiuno e i tuoi discepoli non lo fanno?” Gesù rispose: “Vi pare che gli invitati ad un banchetto di nozze se ne stiano tristi mentre lo sposo è con loro?”. Nel Vangelo secondo Luca, Gesù si preoccupa di bandire gli eccessi: “Badate bene! Non lasciatevi intontire da orge e ubriachezze!”. Ancora in Luca Cristo è spesso invitato a pranzi e banchetti, tanto che i Farisei lo accusano di essere “un mangione e un bevitore”.

L’esempio di Gesù è seguito anche dagli apostoli. San Paolo infatti scrive: “Smetti di bere solo acqua. Prendi un po’ di vino per il tuo stomaco e per sopperire la tua frequente debolezza”.

Le vecchie e complicate regole ebraiche che regolavano il rapporto con il cibo, dividendo quelli permessi da quelli vietati, sono superate da San Paolo: “è bene che il nostro cuore sia affaticato dalla grazia di Dio e non da regole sulla assunzione dei vari cibi: chi obbedisce a quelle regole non ne ha mai avuto un vantaggio”.

L’archeologia conferma la verità storica di succulenti banchetti rituali paleocristiani: nel complesso cultuale di Dura Europos in Siria è infatti presente un ambiente riservato ai banchetti rituali.

 

Tratto da “Ecclesia Magna”

Sottotitolo: Gli uomini di chiesa tra abbuffate e astinenze

Autore: Pierino Marazzani

Collana: Curiosità del giardino di Epicuro

Editore: Felice Scipioni

3 commenti:

Tisbe ha detto...

Iata a te cafone
che te mangi sto seone
e io povero frate
a la matina carne
e a la sera frettata

Frankie Palla ha detto...

...ma a proposito qui de strozzapreti io nun pozzo capì pe che raggione s’abbi a dì che strozzino li preti!

Juanne Pili ha detto...

"L'uomo è ciò che mangia."
Feuerbach

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