martedì 17 marzo 2009

Musica di protesta – il fenomeno “beat”

 

A spezzare “Sole, cuore, amore”, arrivò negli anni settanta il movimento “beat”.

I Giganti”, proponevano di mettere fiori nei cannoni, mentre “Contessa” di Paolo Pietrangeli, veniva urlata in tutti i cortei del ‘68.

Guccini ammazzava Dio, mentre Iannacci, grazie alla sua ironia, sparava a zero su tutti. De Andrè e Rino Gaetano stavano crescendo in fretta.

 

Negli “States”, si sentiva sempre più forte la voce del vero musicista “beat”, Bob Dylan.

Magnifico il Concerto per il Bangla Desh al Madison Square Garden di New York. Si trattava di un grande concerto organizzato da George Harrison per raccogliere fondi a favore delle popolazioni del Bangla Desh decimate dalla carestia.
Al concerto prendono parte nomi come Ringo Starr, Eric Clapton, Ravi Shankar oltre naturalmente allo stesso George Harrison. Le voci volevano poi la partecipazione a sorpresa di Bob Dylan. A pochi minuti dall'inizio non era sicura la performance di Dylan, che invece fece il suo ingresso, cosi:

"Quante strade deve percorrere un uomo
Prima di poter essere chiamato uomo?
Si, e quanti mari deve navigare una bianca colomba
Prima di dormire nella sabbia?
Si, e quante volte devono volare le palle dei cannoni
Prima di essere bandite per sempre?
La risposta, amico, soffia nel vento
La risposta soffia nel vento"

(Blowing in the Wind)

2 commenti:

Paola ha detto...

Wowowowow... parliamo degli anni '70 l'epoca dei "figli dei fiori"...sbaglio???
Ciao Frankie dolce serata o notte un bacione

Frankie Palla ha detto...

No, non sbagli Paola, o almeno non del tutto.
Complimenti per la tua energia. Ciao

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