“Questa è una canzone che risale al 1962, dove dimostro di avere sempre avuto, sia da giovane che da anziano, pochissime idee ma in compenso fisse. Nel senso che in questa canzone esprimo quello che ho sempre pensato: che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell'errore. Anche perché non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l'errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c'erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Oggi noi ci lamentiamo...vedo che c'è un gran tormento sulla perdita dei valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani d'oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capire bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri.”
Fabrizio De André (Introduzione de “La città vecchia” al Teatro Brancaccio di Roma, 1998)
La Città Vecchia
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi   
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,    
una bimba canta la canzone antica della donnaccia    
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia.
   
E se alla sua età le difetterà la competenza    
presto affinerà le capacità con l'esperienza    
dove sono andati i tempi di una volta per Giunone    
quando ci voleva per fare il mestiere anche un po' di vocazione.
   
Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino    
quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino    
li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno    
a stratracannare a stramaledire le donne, il tempo ed il governo.
   
Loro cercan là, la felicità dentro a un bicchiere    
per dimenticare d'esser stati presi per il sedere    
ci sarà allegria anche in agonia col vino forte    
porteran sul viso l'ombra di un sorriso tra le braccia della morte.
   
Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone    
forse quella che sola ti può dare una lezione    
quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie.    
Quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie.
Tu la cercherai, tu la invocherai più di una notte   
ti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisette    
quando incasserai delapiderai mezza pensione    
diecimila lire per sentirti dire "micio bello e bamboccione".
   
Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli    
In quell'aria spessa carica di sale, gonfia di odori    
lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano    
quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano.
   
Se tu penserai, se giudicherai    
da buon borghese    
li condannerai a cinquemila anni più le spese    
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo    
se non sono gigli son pur sempre figli    
vittime di questo mondo.

 
 








1 commenti:
Concordo con quanto scrivi. Idee ben chiare e fisse. Non è semplice. Ormai un po' tutti andiamo dove porta il vento...
Posta un commento